Quante volte abbiamo sentito o ci siam sentiti dire “Ti serve una bella vacanza!”?
Sempre più spesso la vacanza è sinonimo di viaggio o comunque ne è il principio (e, ahinoi, la fine); una vacanza spesa a casa a ronfare fra divano e letto non è paragonabile ad una bella settimana parigina, una crociera nel mediterraneo, un salto oltreoceano o verso una località di mare.
Eppure credo sia sempre più evidente una vera e propria filosofia del viaggio che non è di certo nuova, ma che oggi forse ci sembra la più adeguata e desiderabile.
Il viaggio non è più il mezzo, il tragitto dall’ordinario alla meta, ma è un “mettersi in movimento”, un’azione che più che destinata ad un fine ne prende il posto. Il viaggio è diventato il luogo in cui ri-conoscere sé stessi, mettersi alla prova, far esperienza, incontrare l’altro. Viaggiare acquista cosi una portata epica, rivelatrice, esplorativa.
Ci si mette alla prova in sfide fisiche, in contesti sconosciuti, in solitario, coppia o gruppo in un tragitto di cui la meta è poco più che un accessorio, quello che succede per arrivarvi è importante.
Cosa cerchiamo?
Perché desiderare la fatica di un pellegrinaggio? Una vita a mollo nell’oceano incrociando spesso le rotte di pirati (Si! Esistono ancora)? Perché farsi investire dalla miseria di una strada indiana o africana?
In questo numero siamo tutti On the road. Alcuni nostri amici viaggiatori ci hanno raccontato dai cinque continenti frammenti di un loro viaggio e soprattutto i loro perché, le loro motivazioni.
Forse oggi non è ancora tempo per prendere il largo ma presto potrebbe esserlo.
Oltre il turismo, oltre la rincorsa dell’esperienza fine a se stessa, oltre le pubblicità che vendono immagini ti auguriamo di viaggiare bene,
con la sincerità di chi ha capito quello che cerca e che riconosce essere più grande che sé stesso, più grande che la propria soddisfazione.
E andiamo!